lunedì 3 dicembre 2012

Curva di Laffer: campana del socialismo

di Tommaso Cabrini




La Curva di Laffer (da Arthur Laffer, il suo creatore) è una famosissima parabola che lega tra loro il gettito fiscale e l’aliquota applicata alla popolazione.
La funzione ad aliquota 0%, chiaramente, è a livello zero, così come ad una tassazione del 100%: nessuno infatti si darebbe da fare per produrre reddito se questo gli fosse interamente sottratto.
L’idea è molto semplice, all’aumentare dell’aliquota aumenta il gettito, ma marginalmente sempre più lentamente, poiché nuove imposte deprimono l’economia, finchè al punto t* raggiunge il massimo, dopodiché l’effetto scoraggiante sorpassa l’effetto dell’aumento di aliquota e il gettito decresce.
Chiariamo un punto, la Curva di Laffer prende in considerazione solamente l’effetto deprimente sull’economia e non un grande convitato della tassazione: l’evasione fiscale. Tale variabile potrebbe (ed in effetti lo fa, come da recenti studi) modificare la forma della curva.
Tutto molto semplice, geniale ed intuitivo, tant’è che, si dice, Laffer la spiegò a Reagan durante un pranzo disegnando la curva su un tovagliolino di carta e nessun politico ebbe problemi a capirla.

Ma questa teoria lascia numerosi dubbi.

Innanzitutto il più importante: non è detto che la curva sia simmetrica, non è dato sapere quindi t* a che aliquota fiscale corrisponda. Non sapendo questo non possiamo neanche sapere se ci troviamo sul lato crescente o decrescente.
Inoltre il punto, forse più importante è: a noi interessa massimizzare l’economia, e quindi il benessere generale, non di certo il gettito dello Stato.

A questo punto ci viene in assistenza un’altra funzione, la Curva di Armey, che mette in rapporto crescita economica e spesa pubblica.
La forma è molto simile alla Curva di Laffer, questo perché Armey sostiene che inizialmente la spesa pubblica serve a costruire le infrastrutture di base necessarie all’economia ed a garantire la proprietà privata e il rispetto dei contratti. Raggiunto un certo livello la spesa pubblica, oltre a non essere più utilizzata per opere molto utili all’economia, diventa destabilizzante, poiché lo Stato deve imporre alte tasse per mantenere tale spesa, o in alternativa aumentare il debito pubblico, cioè tassazione da imporre nel futuro (oltre ad una maggiore possibilità di default, altro fattore destabilizzante).

C’è naturalmente una connessione tra le due curve descritte, gettito e spesa pubblica sono intrinsecamente legati.
E’ ragionevole che, essendo il massimo della Curva di Armey ad un’aliquota molto più bassa rispetto alla Curva di Laffer massimizzare il gettito (e quindi la seconda funzione) non sia la soluzione ottimale, poiché già vi sarebbe un danno all’economia.
Anche la Curva di Armey presenta problemi simili a quella di Laffer: innanzitutto il punto di massimo rimane ignoto, ma per Armey si può fare confronti internazionali, poiché il gettito è un valore assoluto, ma la crescita economica un valore relativo.








Tuttavia anche guardando il grafico a fianco rimangono seri dubbi sulla Curva di Armey.
In particolare sulla sua forma: sembrerebbe avere una forma lineare decrescente.
Perché lineare? Innanzitutto si parte da un errore di fondo per cui se la spesa pubblica fosse pari a zero anche la crescita economica sarebbe pari a zero, argomentazione palesemente sbagliata, il che ci fa scartare in partenza la campana.
Inoltre i “servizi fondamentali” a cui accenna Armey possono essere offerti anche da privati e con maggiore efficienza del pubblico, il quale interviene top-down senza essere in grado di quantificare il livello migliore di servizio necessario. Di conseguenza già dal più piccolo intervento statale si producono distorsioni che turbano l’economia peggiorandone l’efficacia.

Correggendo in tal modo Armey ne risulta che il miglior livello in assoluto di spesa pubblica è pari a zero, con conseguente tassazione al medesimo livello, indipendentemente da ogni elucubrazione lafferiana.

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